Argimusco: la Foresta di Pietra della Sicilia

In diversi angoli del nostro pianeta, in luoghi atavici e poco conosciuti, lontani dal caos delle metropoli e dai classici circuiti turistici, si trovano delle formazioni rocciose molto particolari, le cosiddette 'Foreste di Pietra'. Sono siti naturalistici ed archeologici di straordinaria bellezza, luoghi che uniscono la Terra al Cielo e che l'uomo nell'antichità ha scelto per contemplare la Natura.

Il nostro viaggio alla loro scoperta parte da lontano, nel continente sud americano, dove si trova la foresta di pietra del Perù: Marcahuasi.




















Marcahuasi è un altipiano della cordigliera delle Ande, situato a circa 4.000 metri di altitudine nella provincia di Huarochiri, a est di Lima. L'altopiano è sede di un insieme di enormi rocce granitiche, modellate nel corso dei millenni dall'azione erosiva del vento e dell'acqua. Le formazioni rocciose sono caratterizzate da forme antropomorfe e zoomorfe, e nel corso degli ultimi due secoli sono state al centro delle più disparate teorie ed interpretazioni.
















Tra le più particolari formazioni rocciose vi sono quelle denominate: il monumento all'umanità (foto in alto), la sfinge, la colomba, l'alchimista (foto in basso a sinistra), il profeta (foto in basso a destra), il leone, il lama, la tartaruga, il rospo, il falco, la fortezza, il santuario, l'anfiteatro, l'elmo di Dio e la valle dei sigilli.



Secondo l'esoterista Daniel Ruzo le grandi rocce erano opere scultoree di una civiltà prediluviana, teoria sostenuta nel suo libro Marcahuasi: la historia fantástica de un descubrimiento (1974). Quel che è certo è che sull'altipiano di Marcahuasi si trovano delle cittadelle pre-incaiche (foto in basso), dove si possono osservare altari cerimoniali, porte e le cosiddette chullpas, torri funerarie originariamente costruite per personaggi o famiglie importanti. Secondo alcuni archeologi queste cittadelle furono edificate dalla tribù dei Huanca, un popolo nativo americano che si stanziò in Perù prima degli Inca. 

Marcahuasi in lingua quechua significa casa del sovrano, ma gli abitanti di San Pedro de Casta, il piccolo paese alle pendici dell'altipiano, lo traducono appunto in casa nell’altopiano. Ancora ad oggi non sappiamo con certezza se il luogo è stato abitato realmente in epoche remote, si può però affermare, in base ai sopralluoghi ed alle ricognizioni effettuate da alcuni ricercatori peruviani, che l'altipiano può essere considerato un centro cerimoniale, dove si svolgevano riti sacri in onore di divinità ancestrali.

Lasciamo il Perù e voliamo nel cuore dell'Europa continentale, in Germania, dove nella regione del Nord-Reno Westfalia, all'interno della Foresta di Teutoburgo, sorge un'altra 'foresta di pietra': Externsteine

Una grossa radura, circondata da querce secolari, ospita una formazione rocciosa formata da un allineamento di poderose rocce di arenaria che si ergono fino ad un'altezza di quasi 40 metri (foto in basso). La loro formazione è di origine naturale, dovuta a stratificazioni di detriti avvenute durante il periodo del Cretaceo (da 145 a 65 milioni di anni fa).













Il luogo nell'antichità diventò ben presto un sito sacro, dove venivano celebrati riti propiziatori e cerimonie legate al culto del Sole. L'attività antropica è molto evidente già al primo sguardo, sulle rupi si trovano infatti: scale intagliate nella roccia, grotte, ipogei, petroglifi e un grande bassorilievo. L'atmosfera che si respira in questo luogo è surreale, sembra realmente di tornare indietro nel tempo, un tempo in cui le Pietre erano le vere protagoniste della dimensione sacra e spirituale.

Una delle grotte scavate all'interno delle rupi, chiamata bassa cappella, è una stanza piuttosto grande dove sulle pareti sono incise delle rune chiaramente visibili. Questa stanza è collegata ad altre stanze di dimensioni minori, anch'esse caratterizzate da misteriosi petroglifi incisi sulle pareti. Poco più in là, fuori da queste stanze ed ai margini di un laghetto che lambisce le rocce, si trova una delle architetture rupestri più suggestive: una tomba antropomorfa, anch'essa con una runa incisa sopra, di cui non si conosce l'epoca di costruzione e soprattutto chi ospitasse.

Ma uno degli ambienti più suggestivi, che collegano il Cielo alla Terra, è il cosiddetto santuario. Salendo su una impervia scaletta intagliata nella roccia, all'esterno di una delle formazioni litiche, si arriva sulla cima della rupe più alta. Qui troviamo una stanza ora senza tetto, ma anticamente completamente racchiusa nella roccia, dove sulla parete esposta ad est c'è un'apertura circolare con sotto una colonna litica che probabilmente fungeva da altare (foto in basso). Al solstizio d'estate in questo luogo avviene ancora oggi una magica ierofania: il primo raggio di Sole passa attraverso il foro ed illumina l'altare e la parete posteriore sulla quale sono incisi simboli runici.



Tutti ciò induce a far credere che Externsteine sia stato un santuario pagana, vero e proprio fulcro dei culti della Germania antica. Ed in effetti, se andiamo a consultare le informazioni storiche, scopriamo che gli ultimi abitanti della regione furono i Sassoni.

I Sassoni furono gli eterni rivali di Carlo Magno. Il grande re dei Franchi sconfisse e convertì al cristianesimo il popolo germanico; emblematica e terrificante in questo contesto fu la battaglia di Werden, nella quale furono impiccati più di 4000 sassoni. I celtico-germanici veneravano una sacra quercia considerata la colonna portante dell'universo, l'Irminsul, il cui nome derivava dal dio sassone Irmin (in norreno Jörmunr, uno dei nomi di Odino). Le cronache testimoniano che Carlo Magno distrusse l'Irminsul sassone nel 772 d.C., e molti storici sono convinti che la quercia sacra si trovasse proprio a Externsteine. Tale convinzione si basa sul fatto che su una delle alte rupi vi è un bassorilievo del XII secolo che raffigura S. Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea mentre tolgono dalla croce Gesù Cristo calpestando e piegando l'albero sacro delle tradizioni Nordiche (foto in basso).














Dal cuore dell'Europa ci trasferiamo infine al centro del Mediterraneo, dove sull'isola di Sicilia, da millenni crocevia di popoli e viaggiatori, si trova una delle 'foreste di pietra' meno conosciute ed allo stesso tempo più affascinanti: Argimusco.

L’Argimusco è un altipiano che si trova nella Sicilia nord-orientale, al centro del territorio abacenino ed ai margini settentrionali del meraviglioso Bosco di Malabotta. Su questo altopiano (foto in basso) si può ammirare uno dei più affascinanti complessi rupestri dell’intera Italia meridionale, pietre millenarie avvolte da un silenzio che solo negli ultimi anni è spezzato da numerosi gruppi di turisti, ancora prevalentemente italiani.
















Queste Pietre, denominate le "Rocche dell'Argimusco", sono state modellate nel corso dei millenni dall’azione degli agenti atmosferici, principalmente vento e acqua, creando rocce dalle particolari figure antropomorfe e zoomorfe. In seguito l’uomo scoprì questo luogo senza tempo, iniziando a frequentarlo, a contemplarlo e a utilizzarlo. L'Argimusco infatti si trova al centro di un territorio che nel corso dei millenni è stato frequentato dagli antenati siciliani, popolazioni autoctone come i Sicani e i Siculi che hanno lasciato tracce indelebili del loro passaggio. 

A qualche chilometro dall'Argimusco, in direzione Est, si trova infatti uno dei due rifugi del Mesolitico scoperti finora in Sicilia, la Sperlinga di Novara di Sicilia, un riparo sotto roccia che è stato utilizzato costantemente fino all'Età del Bronzo; mentre a nord dell'altipiano, a circa 5 chilometri di distanza, si trova la necropoli siculo-greca di Abacena (immagini in basso), cittadina di cui ancora si devono trovare i resti urbani. In tutto il circondario si trovano inoltre manufatti che spaziano dall'Età del Bronzo al Basso Medioevo; purtroppo però quest'area non è stata oggetto di un organico piano di tutela e studio archeologico, e molte teorie restano solo delle supposizioni.












Pur non essendo citato dai principali storici e dotti dell'Antichità, è probabile che l'Argimusco si configuri come luogo di culto legato a divinità ancestrali. Non si hanno notizie circa le cosmogonie indigene siciliane, e le poche informazioni sulle divinità provengono dai siti ellenizzati, risalenti all'VIII-VII secolo a.C. In tale contesto sappiamo per esempio che ad Abacena erano venerate le divinità di ZeusApollo e Demetra.

All'Argimusco, tra gli svariati motivi di utilizzo, uno tra tutti acquisì ben presto primaria importanza: l’osservazione del cielo. L'uomo antico era profondamente legato al cielo ed ai suoi fenomeni, e le enormi rocce e l’intero paesaggio furono scelti per praticare l’astronomia, per osservare i movimenti degli astri, giungendo a scoprire l’alternarsi delle stagioni e fissare le basi per un pratico e utile calendario. Ciò è accaduto migliaia di anni fa in diversi luoghi della Terra; e sembra che ciò sia avvenuto anche all’Argimusco, un pianoro dove si svolgevano riti sacri, dove la terra si unisce al cielo formando uno dei paesaggi sacri più suggestivi del nostro pianeta (foto in basso).















Questo luogo atavico diventò probabilmente un osservatorio astronomico naturale, e molte delle pietre in esso presenti furono lavorate per fini precisi. I segni antropici presenti sull'altipiano dell'Argimusco sono infatti molto numerosi. Sulla cosiddetta Rupe dell'Acqua troviamo innanzitutto una vasca, le cui origini si perdono nel misterioso passato del luogo. Poco distante si trova una sorta di trincea o corridoio panoramico, al quale si accede attraverso tre gradini intagliati nella roccia che conducono il visitatore ad ammirare la grandiosa mole del vulcano Etna. Scendendo dalla rupe ci si imbatte nella pietra dei sette scalini, una roccia dalla forma tronco-conica alla cui sommità si accede proprio attraverso 7 gradini, oggi molto levigati dall'azione della pioggia. Tra i manufatti che mostrano i segni inequivocabili dell'uomo sono infine da ricordare la tomba a grotticella ed il palmento rupestre (foto in basso), il quale presenta una vasca primaria pentagonale unica nel suo genere.














Tra le pietre dalle forme zoomorfe ed antropomorfe si rimane suggestionati dal fascino della roccia denominata Aquila (immagine in basso al centro), l'emblema dell'Argimusco, che prende il nome proprio dalla sua evidente forma di rapace, da quella del Sacerdote (immagine in basso a destra), una sorta di profilo umano che presenta un foro simile ad un occhio, ed ancora da quella dell'Orante (immagine in basso a sinistra), figura femminile con le mani giunte il cui profilo viene esaltato dalla tenui luci del tramonto.










Ma ciò che rende unico ed indimenticabile l'altipiano dell'Argimusco è il panorama e la vista a 360° gradi che spazia su tutti e quattro gli orizzonti. Ed ancora oggi, proprio come un tempo, vi è un orizzonte che più degli altri fornisce importanti informazioni a scopo calendariale: l'orizzonte est.

Su questo orizzonte si staglia infatti la Rocca Salvatesta, la rupe simbolo del sottostante borgo di Novara di Sicilia, la quale funge oggi come allora da indicatore equinoziale. Osservando l'alba durante il corso dell'anno, se il Sole veniva osservato sorgere alla sua sinistra (a nord dell’est) l’indigeno capiva che si stava andando incontro al periodo estivo, mentre se il Sole sorgeva alla destra della Rocca (a sud dell’est) si andava verso la stagione invernale. I periodi in cui il Sole sorgeva in prossimità della Rocca Novara (foto in basso) coincidevano con i periodi prossimi agli equinozi. Facendo uso dunque dell'astronomia dell'orizzonte l’uomo antico poteva, con una certa precisione, conoscere l’alternarsi delle stagioni e creare il proprio calendario astronomico.













Argimusco, Externsteine e Marcahuasi sono accomunati da quell'alone di magia che solo i luoghi che si trovano al confine tra Cielo e Terra sembrano possedere. In questi luoghi l'uomo nell'antichità contemplava il Sole, la Luna e le stelle. Ancori oggi in questi siti ancestrali si resta senza fiato di fronte alla bellezza trascendentale della Natura, ed una visita di studio o una semplice passeggiata diventano un'esperienza unica ed indimenticabile, un viaggio a contatto con vere e proprie tracce di memoria.

Commenti

  1. Ciao Andrea, sono Francesco Vitale, amico di Alberto Scuderi. Forse ci siamo già visti in Sicilia proprio in sua presenza; mi aveva dato anche il tuo numero di telefono pochi giorni fa, ma ero prossimo alla partenza (abito in provincia di torino) e non ce l'ho fatta a chiamarti. volevo visitare con te l'argimusco, ma sarà per un'altra volta.
    Mi interessa molto l'ingresso di quell'ipogeo qui sopra. Ha un elemento scultoreo comune a molti ipogei "strani" della sicilia. Ce ne sono altri in quelle zone, o è l'unico?
    Grazie, un saluto. Appena mi rispondi ti darò i miei recapiti ed i miei link.

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