Le ierofanie in Egitto: il grande tempio di Abu Simbel!

In archeoastronomia si parla spesso di ierofania, termine coniato nel 1964 dal grande storico delle religioni Mircea Eliade. Potremmo tradurre questa parola con la ‘manifestazione del sacro' attraverso la luce. Spesso infatti, in molti monumenti del mondo antico, si costruiva l’edificio templare tenendo in grande considerazione gli allineamenti astronomici, in modo tale che in alcuni giorni dell’anno il Sole manifestava la sacralità del sito attraverso particolari ‘giochi di luci ed ombre’. In un certo senso è come se gli oggetti, le forme prodotte dall’uomo, prendessero vita nel momento in cui diventano strumenti di questa manifestazione.

In Egitto troviamo molto siti dove si può assistere alle ierofanie, alcune tra le più straordinarie dell’intero pianeta. Il primo luogo che andiamo a visitare è Abu Simbel, alle porte della Nubia, a sud di Assuan, dove sono stati scavati nella roccia due templi: il grande tempio edificato da Ramses II ed il tempio minore dedicato ad Hathor e Nefertari.



Fino agli anni sessanta dello scorso secolo, i templi si trovavano sulla riva del Nilo, e servivano da monito e accoglienza, da oltre 3000 anni, a coloro che entravano in Egitto da sud. Tuttavia in seguito alla costruzione della grande diga di Assuan, che ha formato il lago artificiale Nasser, i templi sarebbero stati sommersi. Si decise dunque di ‘spostarli’, ed i templi furono letteralmente tagliati a pezzi, smontati e rimontati in una cavità artificiale in cemento armato costruito appositamente alcune decine di metri più in alto.




Il tempio maggiore, orientato ad est,  è caratterizzato nella facciata da quattro enormi statue, alte 22 metri, del faraone Ramses II, e sopra di esse una fila di babbuini che guarda all’alba con le mani alzate in segno di adorazione. L’interno del tempio, originariamente scavato nella roccia viva, contiene una successione di sale in linea l’una con l’altra, affrescate con scene della vita eroica del re, in particolare con episodi della Battaglia di Qadesh (1274 a.C.) contro gli Ittiti. L’ultima piccola sala ospita nella parete terminale quattro statue di divinità sedute, una a fianco all’altra, precisamente Ptah, Amun-Ra, Ramses II deificato e Re-Horakhti.



Ora ciò che avviene in questo splendido tempio è che il 22 febbraio ed il 22 ottobre di ogni anno (da 3200 anni circa), il Sole sorge in allineamento con l’asse del tempio, che è orientato a 14,5° a sud dell’est. I raggi del Sole in questi due giorni penetrano fino in fondo alla galleria, attraversando in successione tutte le sale e giungendo nella cappella terminale. Il Sole evita di illuminare Ptah (dio creatore, a volte associato ad Osiride, divinità della morte dell'oltretomba) ma illumina Amun-Ra (divinità egizia nata dall’unione di Ra, il dio Sole, con il dio Amun), poi si sposta illuminando Ramses II ed infine anche Re-Horakhti (divinità egizia nata dall’unione di Ra, il dio Sole, con il dio Horus).



Il Sole dunque manifesta, rende osservabile la sacralità tramite un fenomeno ciclico che si ripete ogni anno. E’ probabile che le due date si riferiscano alla nascita ed alla cerimonia di incoronazione del faraone (o forse solo una delle sue è significativa).

Tale fenomeno fu studiato per la prima volta da Jan K. van der Haagen, funzionario dell’UNESCO e responsabile del salvataggio dei templi nel XX secolo, il quale notò che la direzione di 14,5° a sud dell’est è anche un allineamento stellare, infatti individua, all’epoca della costruzione, la levata delle stelle della Cintura di Orione. La presenza delle statue di Osiride (divinità associata ad Orione) sembrerebbe indicare che forse anche questo allineamento è significativo, e dunque Abu Simbel sarebbe, come Ggantija a Gozo, un altro esempio di tempio progettato sulla base di orientamenti sia solari che stellari.

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